Viaggio a Leningrado
Giro del Golfo della Finlandia


Nel 1968 Hasso mi propose di andare con lui in auto da Helsinki a Leningrado e da lì a Tallin e tornare con la nave a Helsinki.
Erano pochi mesi che la strada fra Leningrado e Tallin era stata aperta ai turisti ed erano circa tre anni che funzionava il servizio di nave Tallin – Helsinki rimesso in funzione dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Partimmo in maggio, Hasso era già al suo tredicesimo viaggio a Leningrado ed era già pratico delle strade, delle usanze e della città. Prima di partire andammo a comprare alcuni blue-jeans di quelli che costavano meno e alcune decine di collant da donna, una scatola di gomma da masticare e una stecca di Marlboro.
E la mattina presto via verso la frontiera russa a 200 Km, più che ci avvicinavamo e più che diminuisce il traffico.
In frontiera c’è solo un casotto con la dogana finnica che fa un rapido controllo, alcune centinaia di metri più avanti un altro casotto con i doganieri russi e pieno di soldati armati. Rapida istruzione di Hasso: ricordati che in dogana non parliamo finnico, parliamo italiano se diciamo qualcosa. In circa un’ora controllano auto e documenti, fanno alcune telefonate, ce la caviamo velocemente, il traffico è minimo. Finalmente si alza la sbarra e si abbassano i mitra, entriamo in Unione Sovietica! Cominciano poco dopo i ragazzini a buttarsi quasi sull’auto per avere la gomma fa masticare: “Purukumi, purukumi” e corrono nel mezzo della strada.
Qualche chilometro più avanti ci sorpassa una moto con due uomini, quello dietro fa cenno di fermarsi, poi fanno cenno di seguirli per una stradina in un bosco. Hasso, ma sei sicuro che non ci depredano e ci lasciano in mutande nel bosco?
Lui tutto tranquillo si ferma, parlotta, poi apre il cofano e le valige e comincia a vendere collant e blue-jeans. Grandi trattative e finalmente decidono di comprare quasi tutto quello che avevamo. Li lasciamo nel bosco con la roba per terra e ripartiamo pieni di rubli. Adesso abbiamo circa quattro mesi di stipendio dell’ovest da consumare in cinque giorni all’est. Come facevano a sapere di noi? Quelli in dogana che telefonano… qualche collega che ha il turno libero… “Compagno Vasilj, è arrivata una Volkswagen carica di collant, vai a vedere e portamene uno per la moglie…”
Altri 50 Km e arriviamo a Viipuri (Vyborg), una volta ridente e importante città finnica e sembra di essere in un altro mondo, un terzo mondo, gente vestita malissimo, qualche camion scassato, tutto trascurato.
Siamo guardati da tutti come se si fosse marziani.
Andiamo a mangiare al ristorante della stazione che Hasso è pratico e a mangiar bene ci tiene. Una buona zuppa e poi polpette di carne, verdure, tutto saporito e buono anche se sembra di essere in una osteria con queste matrone che danno la zuppa col romaiolo che le loro nonne adoperavano.
Poi ancora avanti, la condizione della pavimentazione stradale è pessima, con buche profonde dai bordi taglienti o piene d’acqua come grandi piscine. Fango, i bordi della strada sono fangosi, le poche auto e i camion sono fangosi, il verde della natura non ha ancora ricoperto le tracce dell’inverno e tutto sembra ancora più trasandato.
Ad un tratto comincia a sorpassarci una Moskovitch che vuole farci vedere la sua potenza. Siamo in una lunga diritta, Hasso guida piano e scansa le buche e tutti e due guardiamo verso sinistra questa dimostrazione dell’industria automobilistica russa. Siamo fianco a fianco, poi arriva ad essere mezzo metro più avanti… poi succede l’incredibile: al Moskovitch si apre il cofano del motore rimanendo diritto a 90 gradi. Al conducente non rimane altro che cercare di fermarsi in poco tempo dato che non vede niente. E noi avanti, ci sbellichiamo dalle risate.
Poco più avanti il Volkswagen entra in una buca tremenda e si rompe la barra di torsione della ruota posteriore.
Dato che la ruota non tocca ne parafango proseguiamo lentamente e finalmente arriviamo al campeggio di Repino per pernottare. Siamo a circa 30 Km da Leningrado.
La notte in tenda abbiamo freddo e poi ci sono diversi turisti finnici ubriachi di vodka che fanno casino. La mattina dopo andiamo a Leningrado, Hasso conosce la città e gira tranquillo. Poco traffico, composto da automezzi militari, camion scassati, Lada e Moskovitch dei pezzi grossi del partito, qualche grossa moto col sidecar. A un incrocio con più traffico Hasso si ferma a parlare con il vigile e per dieci minti nessuno si muove. Dalla mia parte batte al finestrino un tizi che chiede in tedesco se abbiamo qualcosa da vendere. Cerco di fargli capire che non abbiamo niente, ma non si dà per vinto, mi fa vedere un rotolo di rubli e aspetta finché non ripartiamo. Anche avendo i soldi la gente non trova niente da comprare.
Andiamo all’officina di riparazioni che ci ha indicato il vigile. Dentro due auto, tanti meccanici e tanto spazio vuoto. Tutti intorno al Volkswagen come se fosse arrivato un disco volante. Naturalmente è impossibile riparare, perciò andremo avanti così. Giriamo per il centro e Hasso mi fa vedere i vari posti turistici. Ci accorgiamo che siamo tenuti sott’occhio e due auto si ritrovano sempre negli stessi posti dove andiamo.
Poi ci troviamo con un tizio a cui Hasso aveva telefonato e a cui vende i fari antinebbia erano ricercatissimi e pagati a peso d’oro. Hasso comprava un paio di fari economici prima di partire e li rivendeva subito, se uscendo alla dogana domandavano qualcosa diceva che non si sarebbe mai immaginato che nell’Unione Sovietica rubassero… secondo Lenin… E i doganieri tagliavano corto dato che erano cose spiacevoli.
Un’altra cosa che Hasso aveva tolto dall’auto erano i tergicristalli, non per vendere ma perché li rubavano subito. Sulle auto russe infatti non c’erano, venivano tenuti dentro e montati in caso di pioggia.
Passammo da una grande libreria dove mi comprai la guida di Leningrado in italiano, i libri costano una sciocchezza. Poi andammo ai grandi magazzini, altro da comprare non trovai che un disco e un saldatore elettrico. Oltre che non esserci niente, oggetti di valore non si potevano comprare dato che  all’uscita in dogana volevano vedere la ricevuta che abbiamo scambiato valuta estera in rubli. Collant da donna e blue-jeans non figurano fra le valute estere.
Andiamo a mangiare in un posto di basso livello con le matrone col vecchio romaiolo, tutto saporito e abbondante. Poi Hasso propone di andare a sentire se possiamo andare a dormire in albergo dato che in tenda fa freddo e così non andiamo su e giù. Ma come facciamo dato che abbiamo prenotato tanto tempo prima ed è tutto stabilito che dormiamo in tenda? Poi dicono che gli alberghi sono pieni, poi il nostro itinerario è controllato, andiamo però a sentire.
Infatti la matrona alla ricezione dice “njet”, tutto pieno e poi non abbiamo prenotazione né permesso di dormire lì.
Chissà cosa dice Hasso, parlano a lungo, la matrona si sta sciogliendo, poi le prende una mano sul bancone e ci fa scivolare sotto un pacchetto di Marlboro.
La matrona sorride. Usciamo e Hasso traduce che possiamo tornare a dormire li a che ora vogliamo e non costa niente.
Così passiamo la serata girando, finché sul tardi andiamo a mangiare in un buon ristorante. Fuori c'è la fila per entrare, ma  Hasso scavalca tutti e va a dire al portiere che siamo diplomatici italiani. Cosi entriamo subito e ci danno la migliore tavola.
Si siedono anche due ragazze che cenano con noi, Hasso conversa con una, l'altra parla pochissimo, sanno solo il russo. Cominciamo con lo spumante e non ricordo quante portate mangiamo con il vino bianco e quello rosso e fra le portate piccoli bicchierini di vodka gelata, il dolce e il caffè.
Dato che siamo pieni di soldi paghiamo noi per le compagne, che poi lasciamo all'uscita e andiamo a dormire nel letto d'albergo che è molto meglio della fredda tenda.
La mattina dopo Hasso mi lascia al museo dell'Ermitage dove mi ritrovo per alcune ore solo circondato da gente esotica che viene dalle lontane repubbliche asiatiche dell'Unione Sovietica.
Le matrone uscere controllano e guardano tutti con occhi penetranti, ce ne sono tante, quattro-cinque per sala e poi quelle che girano.
Non ricordo cosa facemmo nel pomeriggio.
La sera di nuovo a cenare in un ottimo ristorante dove venne anche un distinto signore conoscente di Hasso. Io mangiavo e bevevo e Hasso faceva conversazione. Ricco menú, vini, vodka e spumante.
Attraverso la traduzione di Hasso questo conoscente mi fece la seria proposta che voleva comprare il mio passaporto. Avrei dovuto dargli il documento e dopo essermi bevuto una bella dose di vodka andare dalla polizia a denunciare la "perdita".Ritornando a Helsinki mi sarebbero stati pagati 10.000 marchi che a quei tempi per me erano oltre un anno di stipendio.
Anche se la proposta era attraente prevalse il buon senso: chi mi avrebbe assicurato che il viaggio di ritorno non si sarebbe allungato con cinque anni in Siberia?
Tornammo a dormire in albergo, la matrona sorridente aveva la mano stesa sul banco e Hasso ci infilò sotto un pacchetto di sigarette.
In camera poi, come la prima notte non parlammo niente, era chiaro che c'erano microfoni nascosti, e noi zitti. Forse tutto quello che arrivarono a sentire e a registrare fu la botta all'apertura della bottiglia di spumante la mattina dopo. Oltre a questa, la colazione in camera era composta da un barattolo di caviale a testa che mangiammo a cucchiaiate con il pane.
Partiamo verso Tallinn, sono 360 Km. pieni di buche e posti di blocco. La strada è stata aperta da pochi mesi ai turisti stranieri. Poco prima di Narva, dove una volta c'era la frontiera fra Russia e Estonia ci fermano al posto di blocco per controllare i documenti. E’ già la seconda volta oggi. Siamo in Estonia e ci fermiamo a mangiare a Narva. Il ristorante è al secondo piano, tutto pulito e sembra di essere tornati nel 1930.
Ci sono pochi clienti. Un tizio comincia a parlare con Hasso, poi viene a sedersi al nostro tavolo. Gentile e calmo all'inizio diventa sempre più arrabbiato e non fa altro che fare domande tipo cosa facciamo lì, cosa pensiamo del comunismo, se abbiamo letto i libri di Lenin, etc.
Hasso è costretto a tradurre anche a me le domande, però non parlando russo mi considera, meno pericoloso.
Ci racconta che lui ha fatto fucilare diverse spie e che Hasso si meriterebbe una fine simile. Invece io dovrei essere mandato in Siberia a finire i miei giorni.
Finalmente usciamo, il fissato ci segue per un po’. Fuori Narva ci controllano facendoci anche uscire dall'auto e telefonano al prossimo posto di controllo in modo che sanno aspettarci entro un certo tempo.
Pochissimo traffico, la strada é molto monotona infossata nella bassa vegetazione. In un lungo rettilineo ci fermiamo. Silenzio, siamo nel mezzo di niente, uno davanti e uno dietro all'auto facciamo la pipi verso il fossato. Finendo ci voltiamo insieme e rimaniamo a bocca aperta: sulla sinistra della strada un milite a gambe larghe e col mitra spianato ci guarda molto male. Hasso cerca di balbettare qualche cosa, ma quello non parla, saliamo in auto e ci allontaniamo. Ce ne sarà stato uno ogni tanto oppure noi ci siamo fermati proprio nel punto dove uno dormiva nel fosso?
 Ci ridiamo sopra, pensando che la paura l'abbiamo avuta dopo avere fatto la pipì.
Arriviamo a Tallinn, poco traffico, nella città vecchia andiamo a rifornirci di spumante. Una anziana donna estone ci viene a parlare un mischio di estone e fìnnico, lei sta in periferia e avrebbe due figlie da maritare, venite a vederle!
 (Tulk meill, kaks tytär, tulk illalle, soomi  poiki!)
Anche volendo andare a vederle non possiamo uscire dall'itinerario fissato per i turisti.
Poi... ci ritroviamo davanti le due ragazze che a Lenìngrado avevano cenato cori noi!
Casi strani del destino, erano venute in treno a Tallinn e appena noi arriviamo ce le troviamo davanti. Destino KGB?
Andiamo di nuovo a cena con queste due che si sono ap-piccicate, Hasso fa pratica di grammatica russa con quella che un po’ parla, una sta zitta tutto il tempo e io penso a mangiare e a bere.
Andiamo poi a dormire nel campeggio dove Hasso trova che non conviene montare la tenda e va a domandare se possiamo dormire in una di quelle tende pronte, alte e con le brande. L'indecisione dell’impiegato viene presto vinta facendogli scivolare in tasca un pacchetto di Marlboro.
Ci svegliano la mattina in questo campeggio semivuoto e silenzioso, ci sono solo alcuni finlandesi che ci guardano stranamente mentre facciamo colazione con una bottiglia dì spumante e un barattolo di caviale a testa.
Ancora un giro in città, Hasso comprò diverse bottiglie di vodka e poi andiamo al porto. Ci sono solo alcune auto di finlandesi che aspettano in dogana di potersi imbarcare per Helsinki.
Veniamo presi da parte per essere controllati da quattro doganieri dei quali due armati. Poi viene anche uno in abiti civili che sembra il capo. Il Volkswagen viene controllato tutto, tutti i bagagli fuori, vengono aperte le fodere delle portiere e smontati i sedili. Che nell'auto ci sia più vodka che benzina non gli interessa. La mia guida di Leningrado in italiano li mette in sospetto, viene controllata pagina per pagina e specialmente le cartine vengono attentamente studiate.
Seppi più tardi che se ci fossero stati appunti o segni a matita non sarebbe passata. Invece il saldatore elettrico crea un certo orgoglio: io lavoratore capitalista davo valore a un prodotto della loro alta tecnologia.
Dovemmo vuotare tutte le tasche e farci perquisire a gambe larghe come i delinquenti. Tutto questo controllo durò esattamente due ore, per fortuna il sole scaldava e sapevamo che la nave non partiva senza di noi. Finalmente ci fanno segno di partire, ributtiamo tutta la roba nell'auto e entriamo nella nave. Siamo usciti dall'Unione Sovietica! Però siamo ancora su una nave russa. Andiamo a toglierci i rubli che avevamo nascosto sotto i piedi, nei calzini. Al prossimo viaggio, Hasso dovrà nasconderli di nuovo per riportarli dentro.
Hasso compra ancora vodka e addirittura una damigiana da 10 litri di vino che mette in bella vista sul sedile del passeggero. Alla dogana di Helsinki usciamo a piedi e abbiamo con noi l’alcol che si può portare legalmente, poi Hasso mi lascia la sua borsa e torna sulla nave a prendere l’auto. Esce sul molo facendo il turista tedesco e un grande casino, nessuno lo controlla e passa con 28 bottiglie di vodka, il vino, lo spumante e decine di quelle piccole bottiglie di liquore che erano infilate dappertutto.
Mi porta a casa, sui ginocchi ho la damigiana dì vino, ma non è il peso di questa che mi dà noia, è la paura che mi viene fuori tutto a un tratto per l'avventura passata.
E le gambe di burro e il tremore rimasero per alcuni giorni.
Per tutto il viaggio siamo stati guardati come marziani dagli abitanti locali, controllati e seguiti tutto il tempo dalla polizia come pericolosi sovversori. Ho avuto paura, ma sono contento di essere stato a Leningrado e di avere visto come stanno.
Hasso fece ancora tanti viaggi ed ebbe anche noie con la polizia russa. Fu messo in cella per tre giorni perché girava in auto fuori le ore prestabilite, credo che dopo le 21 le auto turiste non potessero circolare. Un'altra volta perché davanti a un blocco stradale aveva perso un faro entrando in una dì quelle buche tremende e fu fermato per alcuni giorni.
E la bella collana di ambra che aveva viaggiato nascosta nel tubo di scappamento andò ad adornare il collo della moglie del farmacista.
Con quei soldi Hasso progettava il prossimo viaggio…
febbraio 2001