Aberrazioni


Il cieco delle 23.15 viaggiava con 16 minuti di ritardo. Arrivò all’osteria alle 23.31. Ordinò un quartino.
Lo bevve lentamente chiacchierando con gli altri avventori.
Ripartì fischiando e sbuffando per il caldo alle 23.51.
Io e Franco scrivevamo poesie su un tavolo del retrobottega.
Il chianti ci andava lentamente alla testa.
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Così avvenne la creazione. Un branco di cani randagi pascolava nella prateria.  Nei boschi scoscesi verso ovest c’erano molte zanzare.
Il roseto era in fiore, era fiorito la domenica. Poi venne il temporale, ma LUI lo fece smettere.
Qualcuno giocava a tennis con la propria ombra. Nello stato vicino c’era la rivoluzione.
Si facevano buoni affari vendendo pennelli e vernice che la gente adoprava per scrivere sui muri.
In un letto di periferia dormivano i dodici apostoli.
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Case di mattoni, di legno, di plastica. Decine di bidoni di spazzatura. Prati verdi ricoperti di panchine.
Campi di grano maturo desiderosi di mani mietitrici.  Le scuole si sono riaperte e nelle aule scorrono fiumi di parole vorticosamente gorgoglianti. Cambiali insolute escono da un magazzino di granaglie.
Andate nello Zambia in bicicletta si legge nella pubblicità di un ufficio di viaggi. Costa poco, basta pedalare.

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Cinque margherite erano ferme alla fermata dell’autobus.

Una lunga fila di paletti metallici circondava un giardino tenendosi per la rete.
Una freccia rimaneva ferma a indicare la direzione mentre un’altra partiva veloce e micidiale verso il cuore di un’antilope.